WhatsApp nell’uso professionale: comodità a discapito della privacy?

Come l’uso irresponsabile di applicazioni di messaggistica possono compromettere la sicurezza dei dati aziendali e mettere a rischio la privacy dei clienti.


03/08/2023 - Alessia Di Fede

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WhatsApp è sicuramente una delle applicazioni che più utilizziamo tutti i giorni, spesso anche a lavoro. Attenzione però, il fatto che sia così diffuso e di facile accesso non vuol dire che sia sempre l'opzione più adeguata, soprattutto quando si tratta di dati delicati o informazioni riservate. 

Analizziamo quindi due recenti notizie che ci mettono in guardia sui possibili rischi e implicazioni dovuti dall'utilizzo di applicazioni di messaggistica come WhatsApp.

 

Condivisione dei dati dei pazienti tramite WhatsApp

L'Information Commissioner's Office (ICO), equivalente inglese del nostro Garante per la privacy, ha recentemente reso noto il caso dell’ente sanitario NHS Lanarkshire – responsabile dell'assistenza a oltre 652.000 persone in Scozia. Almeno 26 membri del personale sanitario hanno infatti condiviso dati sensibili tramite WhatsApp come nominativi, indirizzi, immagini, video e screenshot, che includevano informazioni cliniche dei pazienti. Addirittura, alcuni dati sarebbero stati divulgati anche ad un utente non autorizzato estraneo allo staff medico, aggiunto per errore al gruppo WhatsApp.

Nonostante l’applicazione di messaggistica fosse stata approvata per le comunicazioni di base tra il personale sanitario, l'uso per la condivisione di dati sensibili, soprattutto riguardanti lo stato di salute dei pazienti, è categoricamente vietato.

Anche in Italia WhatsApp è uno strumento di comunicazione ampiamente utilizzato dai professionisti del settore sanitario. Secondo un sondaggio condotto dall'Ordine dei Medici chirurghi e odontoiatri di Firenze l'84,3% dei medici italiani utilizza WhatsApp per comunicare con i pazienti. Dato abbastanza preoccupante visto che quasi la metà di loro afferma di non aver partecipato negli ultimi 3 anni ad un corso di formazione in materia di trattamento/consenso dei dati personali.

 

E-mail e WhatsApp sono da considerarsi corrispondenza

Un altro caso giudiziario riguardante l'utilizzo di WhatsApp si è verificato nel contesto della comunicazione politica. La Corte Costituzionale, con la sentenza 170/2023 riguardante Matteo Renzi, ha stabilito che la corrispondenza e i dati condivisi tramite WhatsApp rientrano nella nozione di "corrispondenza" – diritto costituzionalmente rilevante – e devono essere trattati con particolare attenzione e rispetto per la privacy dei destinatari. La Corte ha affermato che gli organi investigativi possono sequestrare dispositivi elettronici appartenenti a terzi, come smartphone o computer, ma devono sospendere l'estrazione dei messaggi quando riscontrano delle comunicazioni con un parlamentare. In quel caso sarà necessaria l'autorizzazione della Camera di appartenenza per poter coinvolgere i messaggi nel sequestro.

Equiparare le email o i messaggi inviati tramite Whatsapp alla corrispondenza vuol dire che, allo stesso modo in cui aprire la posta altrui è un reato, anche prendere il telefono di terzi e leggerne i messaggi constituisce un reato penale.

 

Le app di messaggistica come WhatsApp possono sembrare strumenti pratici per la comunicazione, tuttavia comportano una serie di problematiche in termini di sicurezza e riservatezza dei dati. Prima di sceglierle come mezzo di comunicazione per la vostra impresa dovestre considerare i possibili rischi dovuti da una violazione del sistema. Ci sono molti casi in cui gli account vengono hackerati, rubati e poi utilizzati per cercare di commettere truffe tra i vostri contatti. I dati raccolti inoltre potrebbero essere utilizzati e venduti nel dark web. Pensate quindi alla gravità della situazione se fossero proprio le chat contenenti informazioni aziendali e i dati dei vostri clienti ad essere violate. Prestate attenzione e tenete sempre a mente che non esistono piattaforme digitali al 100% invulnerabili ad attacchi esterni, tantomeno WhatsApp.

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