L'IMPASSE DELLA DISINTERMEDIAZIONE

I CASI AZIENDALI - PARTE 3


13/06/2022 - Aurora Pravettoni

Facebook Twitter LinkedIn Email

Arrivati alla terza tappa della rubrica “L’impasse della disintermediazione” (vedi parte 1 e parte 2), ci è sembrato opportuno raccontare dei curiosi e interessanti casi aziendali in materia.

 

Le aziende produttrici sono il fulcro del fenomeno della disintermediazione in quanto a loro è affidata la scelta di aprire o meno un’attività di e-commerce nel loro sito web o uno store in store nei cosiddetti marketplace. Il risultato sarebbe la possibilità di ottenere una parziale indipendenza dalla miriade di distributori della filiera e la garanzia di ottenere maggiore profitto dal prezzo competitivo fissato dalle imprese produttrici stesse.

Nonostante i buoni motivi dei produttori per non agire, volendo questo significare continuare a vendere nel canale indiretto “seguendo il si è fatto sempre così”, l’esperienza ci ha mostrato che lo scetticismo nell’attività dei marketplace e nell’e-commerce dà semplicemente opportunità ad altri componenti della filiera…

 

Un caso rilevante è quello delle aziende i cui prodotti sono presenti su Amazon ma che non credono nell’e-commerce perché vogliono evitare di entrare in concorrenza con i loro rivenditori di filiera, essendo queste timorose di subire ripercussioni sul loro core business.

 

È questo il caso di una famosa impresa produttrice di pentole e stoviglie made in Italy, dotata di uno shop sul suo sito web (con i prodotti a prezzo di listino più spedizione) ma senza una posizione da seller o uno store nel marketplace di Amazon. Il risultato della sua sfiducia nella piattaforma, ha portato rivenditori terzi a collocare il prodotto da lei realizzato, nello spazio virtuale del marketplace, accaparrandosi così sia il profitto che le quote di mercato che avrebbe potuto avere l’azienda. Una vera e propria perdita! Così l’impresa continua a mantenere una certa dipendenza dai suoi distributori che invece non hanno alcuna remora a utilizzare il commercio online.

 

L’avanzata dell’e-commerce ci sta ponendo di fronte a un cambiamento epocale, che richiederà adattamento e cambiamenti per non rimanere dipendenti da una catena distributiva che, nel commercio elettronico, non ha senso di esistere.

 

La dipendenza dai distributori talvolta è davvero problematica; a questo proposito, avendo parlato sopra di suppellettili da cucina, raccontiamo un piccolo aneddoto storico risalente alla fine del 1700 e raccontato nel libro “Coltelli d’Italia” (2008, Franco Muzzio Editore), di Giancarlo Baronti. La vicenda in questione, riguarda due comuni italiani situati nella provincia di Isernia, in Molise, e confinanti: Frosolone, comune da sempre specializzato nella produzione artigianale di coltelli e Sant’Elena Sannita, specializzato nel commercio e distribuzione; i commercianti di Sant’Elena comperavano i manufatti a Frosolone e li rivendevano nel resto d’Italia, e acquistavano la materie prime necessarie alla produzione, che poi rivendevano agli artigiani di Frosolone. Così, fino alla prima metà del secolo scorso, le industrie produttrici del primo paesino, non innovatrici, rimasero dipendenti dalle industrie commerciali del secondo, rimanendo e in balia della forza contrattuale di quest’ultime, capaci di vendere materie prime e acquistare prodotti a prezzi competitivi. Il risultato finale ottenuto è stato l’istaurazione di una concorrenza al ribasso che ha portato al progressivo peggioramento della qualità delle materie prime reperibili e dei prodotti finali.

Ovviamente ci sono molti motivi per cui si instaurò una dipendenza di questo tipo, dall’isolamento geografico del primo comune, alla generale diffidenza verso l’esterno, ma il risultato finale fu quello di vedere gli artigiani legati, per secoli, “a filo doppio” ai loro distributori.

 

Un buon motivo in più per non rimanere di nuovo invischiati nella dipendenza dei canali distributivi.

Vuoi rimanere sempre aggiornato? Seguici sui social

Facebook Twitter LinkedIn Quora